Demis Roussos e gli Aphrodite's Child nelle analisi di Francesco Cordella

Talvolta accade che vi sia nel vasto panorama internazionale dei fans di Demis chi, per impietose ragioni anagrafiche, non abbia vissuto "in diretta" l'ascesa del cantante alla notorietà internazionale, ma, quasi a compensazione di tale limite, riesca sapientemente, sulla base dell'attento ascolto dei brani e della lettura di quanto scritto finora da giornali e riviste che hanno trattato l'argomento, ad impiantare analisi puntuali, interessanti perché competenti, apprezzabili anche nella forma, oltre che nella sostanza. Uno di questi fans-amici, é senza dubbio Francesco Cordella. Non potevo lasciare che la gran parte dei suoi interventi, spesso pubblicati perché "provocati" dai miei articoli su "L'affascinante storia di Demis Roussos e degli Aphrodite's Child", fossero "inghiottiti" dalla cronologia della messaggistica di Facebook, perdendosi in mezzo ad un fiume di semplici, se pur graditi, "mi piace", "buongiorno" o "buonasera". Ne consegue che occorre, in molti casi, far riferimento ai miei predetti racconti, per poter meglio comprendere le analisi di Francesco, che si autodefinisce "un curioso a 360 gradi". Ecco a voi, dunque, un estratto delle sue acute osservazioni, con la convinzione che esse meritassero in questo sito uno spazio privilegiato. Per ragioni legate alla trasposizione dei messaggi, che spesso sono risposte ad osservazioni di altri fans, ho dovuto prendermi la licenza di modificarle parzialmente, senza variarne in nessun caso il contenuto, per poterle rendere fruibili in questo sito, a prescindere dal contesto del "botta e risposta" da cui sono estrapolate. Francesco, in primis, comprenderà l'esigenza e me ne scuso comunque. Infine, operazione opportuna (eseguita con mio rammarico) é stata quella di dover limitare le molte frasi di cortesia rivolte da Francesco al sottoscritto, specie all'inizio e alla fine dei messaggi, e le battute scherzose che in questa pagina risulterebbero anacronistiche, soltanto perché fuori dal contesto in cui vennero piacevolmente espresse. Tanto, al fine di rivolgere a tutti in maniera più scorrevole, benché più asettica, gli interessanti resoconti.

Francesco Cordella

7.8.2011) "...ciao Franco, ho letto la prima 'puntata': molto molto interessante ripercorrere i tuoi passi di ricercatore e appassionato fan! Ottimo!".

21.8.2011) "...ecco qua, ho letto le tue considerazioni e quelle degli altri amici, riguardo a come Demis veniva vissuto dai fans e non nella seconda metà dei Settanta. Io nel mio piccolo penso che la critica musicale possa essere anche utile all'artista e all'appassionato, quando è fatta in modo intelligente e non solo con la volontà di provocare o di apparire originali... Salvatori in particolare (che pure reputo un discreto conoscitore di musica, anche italiana) per come lo ricordo io ha sempre avuto questa tendenza a voler essere a tutti i costi un provocatore e uno che pretende di andare controcorrente, così spesso finisce per avere toni esagerati nelle sue analisi, lui stesso che è il primo per indole a eccedere nell'abbigliamento, nei toni, in tutto. Poi, sai, io sono venuto dopo tutto quello che è stato il fenomeno Demis, ma, nel mio piccolo, devo dire che apprezzo molto anche il periodo demisiano 75-80, perché in quegli anni Demis pur consolidando il suo successo diciamo di vendite con canzoni melodiche e di presa quasi immediata, al contempo si misurò con generi come il folk-blues e country americano, persino con la discomusic, con esiti tutt'altro che scadenti, anzi, molto buoni secondo me. Certo, se uno si lasciava accecare da tutto il contorno, da quella che era la vita esteriore di Demis (macchine, sfarzo, lussi vari, arredi arabeggianti, ecc.) poteva anche - immagino - considerare Demis un artista tendente ormai alla caricatura di se stesso, ma poi ciò che più doveva contare, cioè l'ascolto dei suoi dischi, penso non lasciasse indifferente nessuno, perché al netto di tutta quella 'esteriorità', la melodia, la voce magnifica, l'emozione filtravano intatte e perfette. Questa naturalmente è la mia modesta opinione".

"...La questione musica impegnata/disimpegnata era molto sentita negli anni 70, tuttavia c'è (di questo sono sicuro) maggior miopia in chi per partito preso disprezza la musica cosiddetta 'commerciale', rispetto a chi 'semplicemente' si accontenta di ascoltare dei brani orecchiabili e musicalmente emozionanti. A quanto pare, comunque, in quegli anni anche le case di quelli più impegnati politicamente e che pubblicamente ascoltavano (o dicevano di ascoltare) solo un certo tipo di musica 'alternativa', erano piene di LP di Lucio Battisti! Questo perché la buona musica, quella che arriva alle emozioni, piace a tutti. Poi va beh, quello che scrive(va) il critico Renato Salvatori...".

4.9.2011) "...ho letto con emozione e 'immedesimazione' la quinta parte del tuo racconto, che dire? Sempre molto interessante e coinvolgente. Divertente e sincera, poi, la descrizione del lato 'pionieristico' della vicenda, quel mettersi davanti alla tv in bianco e nero con un registratore solo audio e il microfonino!...".

"Carissimo Franco, innanzitutto grazie per la pazienza nel rispondere e per avere apprezzato le mie considerazioni. Grazie inoltre, una volta di più, per aver voluto condividere con me (e, se lo riterrai, anche con gli altri) ulteriori curiosità sulla tua vita privata di adolescente travolto dal fenomeno A.C.-Demis! La trasmissione con Salvetti, per come la descrivi, non sai quanto mi solletichi la curiosità: dev'essere stato molto bello vedere e ascoltare Demis che si rivedeva in una delle sue più grandi e celebrate performance (quella del Royal Albert), chissà che percezione aveva di se stesso in quei momenti... Riguardo alla manifestazione veneziana, suppongo si trattasse appunto della Gondola d'oro perché è un 'festival' che, se non sbaglio, esiste tuttora (perlomeno fino a pochi anni fa di sicuro), ma con caratteristiche del tutto mutate, perché nel tempo si è trasformato in una specie di festival di voci nuove e di dilettanti (però, quando passava 3-4 anni fa su qualche tv locale, gli organizzatori non perdevano occasione di ricordare i fasti passati di questa manifestazione, ricordando come negli anni Settanta grandi artisti già affermati, italiani e stranieri, vi partecipassero e concorressero - mi pare di rammentare la Vanoni, Albano, Anna Oxa, Reitano, ecc.). Tra l'altro ricordo anche di aver letto (ma questa è una mia annotazione a margine) che Demis gradiva di tanto in tanto venire nella mia terra, non solo dalle parti di Asolo o Verona (tappe consuete del festivalbar), ma proprio in laguna, tanto che, a detta di alcuni, capitava di vederlo d'estate a Sottomarina di Chioggia intento a comperare tuniche e caftani nel negozio Fiorucci di quella cittadina...".

5.9.2011) "...la 'facilità' di una canzone dipende da molti fattori: certamente quelle più ascoltate (che di solito sono i successi o comunque quelle raccolte nei vari Greatest Hits) sono anche quelle che maggiormente entrano nella memoria. Però il tutto è soggettivo. Io non ho visstuo l'epopea di Demis in contemporanea con la sua carriera, ma, diciamo, 'a bocce ferme', dunque il modo in cui alcune canzoni e non altre mi sono divenute più familiari direi che non segue una logica precisa...".

11.9.2011) "...Bellissima anche questa sesta parte, caro Francus! Anch'io chiamavo 'mangianastri' l'aggeggio ;) La mia opinione è che la voce solista in un gruppo sia (quasi) sempre il motivo principale del successo dello stesso, e ciò anche nel caso degli A.C. Poi riguardo al progressivo 'degrado' della carriera di Demis, forse è vero, ma i suoi compositori-parolieri hanno comunque sempre creato dei pezzi onesti e di buon livello, inoltre, come erroneamente si crede, Demis non si è buttato a capofitto SOLO nelle canzoni romantiche, anzi, ha continuato a spaziare tra il folk, il country, il rock, certamente con una predilezione per le melodie di facile presa, ma questo non è in assoluto un difetto, anzi, è strategia commerciale se vogliamo. Anche Vangelis, in fondo, si è (s)venduto all'industria cinematografica, con le sue, peraltro superbe, colonne sonore. Tranne rarissimi casi, insomma, l'artista puro, che produce, scrive, interpreta o crea esclusivamente in nome dell''art pour l'art', probabilmente non esiste. Anche uno dei gruppi in voga negli anni 70, da te citati, tra i primi a frequentare il prog-rock, i Genesis, da quando Collins diventò il leader, ebbero una svolta pop commerciale, e furono comunque ancora amati e seguiti (tranne pochi 'radicali' fans che andarono col 'dissidente' Gabriel), perciò verosimilmente anche gli A.C., se fossero rimasti insieme, avrebbero vissuto una traiettoria di quel tipo, e (con o senza Demis) non credo avrebbero perso molto pubblico.

‎* naturalmente i 'pochi radicali fans' a cui faccio riferimento sono quelli che abbandonarono i Genesis, non i fans in assoluto di Peter Gabriel (che sono tuttora numerosissimi)".

"...E' vero: all'inizio del mio intervento ho fatto intendere che a mio giudizio il successo degli A.C. probabilmente risiedeva soprattutto nella voce di Demis, ma il mio voleva essere un discorso più generale, per cui i gruppi solitamente hanno la loro nota caratteristica proprio nel front-man, nella voce solista, normalmente la gente si ricorda che quello era il gruppo di quel cantante, quell'altra era la band di... ecc. Però il talento di Vangelis era così grande che se, per assurdo, gli A.C. fossero sopravvissuti senza Demis e avessero trovato altre strade, un'altra voce o un altra direzione (chissà, forse il rock puro?), magari avrebbero collezionato ancora anni di consensi e successi. Certi gruppi infatti si riassestano e vanno avanti (come dicevo, i Genesis o, mutatis mutandis, gli stessi italianissimi Pooh), altri sono talmente identificati nel loro elemento di spicco, da finire artisticamente con la partenza (volontaria o per destino) del cantante solista (i Queen con Freddie Mercury, ad esempio). Insomma, il discorso è molto complesso...".

"...666 è un album-capolavoro, che pure non posso dire di conoscere a fondo, ma che mi impressiona per la dimensione filosofica e musicale assoluta. E' musica progressive ma molto di più: musica sinfonica, 'classica', etnica... Chissà... riesaminando meglio il contesto, mi vien da dire che forse a Vangelis stesso qualunque confine stava stretto già allora, e nessun gruppo, non più gli A.C. né altri eventuali, avrebbe potuto circoscrivere la sua volontà (e capacità) di essere un musicista totale... forse il destino e l'indole di Vangelis era quella di creare totalmente la sua musica, lui da solo, proprio come i grandi compositori della musica classica. Però l'amicizia e soprattutto la stima del valore musicale di Demis non sono mai venute meno in Vangelis, tanto che ha voluto lavorare con lui a più riprese nei Seventies fino a impiegarlo, ad es., negli interventi vocali della colonna sonora di Blade Runner (a inizio anni 80). Poi si sa: ogni periodo della vita viene modificato nella percezione che ne abbiamo a distanza di anni, è comprensibile che Vangelis, alla luce della dimensione assunta negli anni seguenti, si sia fatto un'idea particolare su quel periodo-A.C. Poi rinnegare il passato non è mai una bella cosa, anche perché tutto serve e tutto ci dà un insegnamento, magari inconsciamente".

18.9.2011) "...Riguardo alla settima puntata del tuo racconto, ottima come sempre, e molto acuta la tua analisi... sulle somiglianze tra brani di uno stesso artista. E' verissimo: succede con vari cantanti, di ascoltare un pezzo e associarlo immediatamente ad uno o più del loro repertorio, più che copiatura consapevole o ispirazione cercata, direi che è il formarsi progressivo dello stile di un artista, il suo marchio di fabbrica. Se ripetersi e ripetere sempre melodie simili diventa alla fine stancante e noioso per l'ascoltatore, però è ugualmente sbagliato andare in cerca di un'originalità artefatta ad ogni disco, come fanno alcuni artisti che, proprio per evitare di dare l'impressione di riproporsi sempre uguali a se stessi, finiscono per snaturarsi, con il risultato che ogni disco non ha nulla a che fare con il precedente e il successivo e questo rende incoerente e in un certo senso confuso il loro percorso musicale, oltre a disorientare il pubblico. Ovviamente se invece questa ricerca è fatta in nome del puro desiderio di sperimentazione e per spirito di creatività, allora niente da dire, massimo rispetto! P.S. la stessa cosa da te osservata càpita anche ai registi, alcuni film nella produzione di uno stesso autore sembrano assomigliarsi, così come avviene anche nei romanzieri...".

25.9.2011) "...ho letto e mi sono gustato come sempre il nuovo episodio del tuo racconto! Anch'io, vedendo i vari filmati su Youtube, sono stato colpito da quello dei ragazzi della trasmissione di Arbore, che in pieno periodo di contestazione muovevano delle accuse e delle critiche abbastanza ridicole, secondo me, a dei musicisti in ascesa come erano allora gli A.C. In Italia poi, figurarsi, c'è sempre stato questo pregiudizio per cui i lavori musicali politicamente impegnati abbiano valore o merito particolari, mentre quelli disimpegnati siano cose minori o spregevoli (naturalmente questo solo in certi ambienti e contesti della critica). Poi, come appunto hai sottolineato, figuriamoci quando Demis ha fatto i soldi da solista... anche questo per alcuni diventa un punto a sfavore dell'artista, perché piacere a molti e di conseguenza vendere tanti dischi, significa(va) essere artisti commerciali, di massa, quasi insignificanti (come se alcuni capolavori della musica, in generale, avessero sempre chissà quali connotati di impegno, e non fossero, come sono, semplici, per modo di dire, stupende, grandi melodie sposate a parole che emozionano). La parte iniziale dove parli di Vangelis credo delinei perfettamente il carattere di un uomo, prima di tutto, oltre che di un artista, sempre effettivamente schivo, un 'orso' creativo da laboratorio che sperimenta, compone, e poi regala ad altri il frutto del suo lavoro (cantanti, musicisti o film che siano). Mi è venuta in mente, poi, quell'intervista in cui Demis raccontando le origini degli A.C., ricordava come proprio Vangelis (se non ricordo male) gli suggeriva di stare a dieta, di avere insomma un certo appeal anche fisico perché doveva essere il front-man del gruppo! Quando poi, invece, a ben pensarci, fu proprio l'esagerazione, anche fisica, nel senso dell'opulenza e corporea e di costumi, di ori, ecc., a trasformare Demis in una formidabile icona da palcoscenico! Però forse aveva ragione Vangelis, il cantante prog-rock dev'essere bello e maledetto :)".

"...Tornando un attimo a quel programma di Arbore, i ragazzi che in modo un po' saccente ponevano quelle domande a Demis e agli A.C. volevano essere alternativi, politicamente impegnati, ma si dimostravano non soltanto 'antipatici', ma anche estremamente ingenui, superficiali, banali, come a dire: 'Voi siete greci, e allora dovete cantare in greco, e magari anche solo musica folk ellenica!' ahahahahah!!! Certamente la lingua madre è quella che potenzialmente essendo meglio conosciuta da chi la detiene consente maggiori possibilità di impiego e dunque, in teoria, maggiore ricchezza nei testi (per restare all'ambito musicale), tuttavia la musica pop o prog-rock ha e aveva giustamente dei canoni e delle formule nelle quali incanalare la creatività, e queste prevedevano l'uso dell'inglese direi non solo perché lingua universalmente nota ma anche perché proprio IN QUELLA LINGUA era nato il genere".

2.10.2010) "...ti confermo che ho appena letto il nuovo capitolo del tuo romanzo-racconto. Ciò che mi ha colpito è stato soprattutto l'aneddoto della signora del negozio portoghese: a volte le coincidenze della vita, o diciamo gli incroci di situazioni curiose, sono veramente surreali, tu amante come pochi altri al mondo del grande Demis, finisci per entrare proprio in quel negozietto lusitano in cui si ascolta e si respira musica degli A.C. e di Demis dalla mattina alla sera. E, cosa più significativa, la proprietaria non è solo una fan scatenata (povera commessa, si fa per dire, almeno si sorbiva musica di buona/ottima qualità, e non le schifezze commerciali che propongono oggi a rotazione nei vari 'stores' di vestiti, arredamento, ecc.), ma addirittura una testimone oculare (mi verrebbe da dire) di quegli anni, degli A.C. in concerto a Parigi (il loro ambiente naturale, musicalmente parlando). Fantastico tutto questo!!! Invece ho trovato di interesse storico i paragrafi in cui hai riportato ciò che veniva scritto sugli A.C.: fa piacere constatare che venissero apprezzati dalla critica musicale di allora, e che gli venisse riconosciuto il merito di essere non una mera boy band (come si direbbe oggi) ma dei musicisti preparati e compositi (per così dire), con una cultura musicale ampia e in qualche modo sorprendente per la loro giovane età (sebbene molti dettagli mi siano apparsi imprecisi... ad esempio il giornalista affermava che Demis aveva studiato al conservatorio... ora io potrei sbagliarmi, ma io so che da adolescente suonava la tromba, forse aveva frequentato qualche corso ma non mi risulta che addirittura fosse andato al conservatorio! E il fatto del repertorio di Theodorakis? Siamo sicuri? Non so, sospendo il giudizio ). Un fatto divertente è che (e io lo ignoravo) a quanto pare Sideras era considerato il bello, l'affascinante del gruppo, e che le attenzioni delle fans andavano (pare) a lui e non al 'leader' Demis...".

"...è probabile che Demis poi non abbia portato a compimento gli studi al conservatorio allora. Da profano quale sono (non so suonare alcuno strumento), penso che le nozioni di chitarra tornino utili poi anche per il basso, o no? E in quanto al piano... abbiamo visto Demis suonarlo (o fare finta di...) in alcuni video (Midnight is the time I need you, Esta cancion, Can't say how much I love you...) ma non sembrava molto a suo agio con quello strumento: penso anch'io che Demis sappia suonare il pianoforte, solo che probabilmente non è tra i suoi strumenti preferiti".

3.10.2010) "...credo sinceramente che i miei 'commenti', appunti, considerazioni (non so bene come definirli) non siano niente di che, semplicemente riflessi scritti di ciò che la lettura del tuo appassionante racconto a puntate mi trasmette. E credo che, per questo, testimonianze dirette come la tua o quelle di Mauro Armillès (ho letto qualche frammento sul tuo sito) e pure ricordi come quelli di Ros o di Petra, insomma di voi tutti che avete vissuto l'epopea di Demis e in molti casi lo avete anche conosciuto all'apice della carriera, abbiano ben altro valore rispetto a ciò che posso dire o scrivere io che sono solo un appassionato a posteriori! ...Per il resto, pungolami pure, spremimi anche, tanto le tue provocazioni (anzi, stimoli) sono sempre intelligenti: io farò del mio meglio...". 

10.10.11) "...anche la decima puntata del tuo racconto è stata per me accattivante e appassionante. Stavolta l'attenzione che hai concentrato maggiormente su Vangelis non ha comunque dirottato dalla linea principale il discorso: il prima, l'antefatto, la carriera pregressa di Papathanassiou è fondamentale in effetti per meglio comprendere l'incontro inevitabile tra questo suo mondo di genialità e padronanza pressoché totale dell'intero universo musicale, con la magia pura della voce di Demis. Secondo me, Vangelis in cuor suo, nella sua mente e fantasia, già associava quelle magnifiche melodie che andava componendo a una ipotetica voce che le avrebbe esaltate a dovere, certamente non poteva però immaginare che quella voce sarebbe stata così unica, senza pari, diversa da qualunque altra! La differenza, in questo senso, tra il brano dei Forminx 'A hard night's day' (brano apprezzabile, comunque, con echi da colonna sonora jamesbondiana!), e la sua trasformazione in 'She came up from the north', eseguita da Demis, sta tutta nel valore aggiunto dato dal misticismo emozionante della sua voce. A parte ciò, ho seguito con interesse il resoconto del tuo furore collezionistico di ragazzo disposto a spendere (quasi) qualsiasi cifra per mettere le mani sul pezzo desiderato. Ed è bello che a diversi anni di distanza, il sogno sia stato esaudito, seppur non più nel 'sacro' vinile, ma sotto forma di un più asettico cd-mp3. Ma questo è un dettaglio. La musica che cercavi era finalmente nelle tue mani!".

"...Il mio Demis spero traspaia anche da queste righe che di volta in volta scrivo, stimolato dai meravigliosi frammenti di vita e di storia che ci regala Franco. Il mio Demis è necessariamente, per motivi anagrafici, vissuto da me a posteriori, purtroppo non posso dire "Quando uscì On the greek side... io acquistai il disco" :) e dunque non ho aneddoti o curiosità particolari legate alla mia passione musicale, diciamo che coltivo sensazioni e spunti in modo più intimistico, se così si può dire ;)...".

"...(sono) un intellettualmente onesto sì (almeno spero! :) ) perciò ammetto che anche per me i Forminx erano poco più che un nome letto all'interno della biografia di Vangelis, prima che Franco desse anche questo particolare taglio e punto di vista al suo racconto a puntate!".

23.10.2011) "...Il tema del rapporto Demis-cinema o cinema-Demis mi sembra molto curioso, anche perché più o meno direttamente la voce del nostro amato greco d'Alessandria è stata accostata a (e usata per) pellicole di varia natura: si va, appunto, dal 'rape and revenge' italiano anni 70 de L'ultimo treno della notte, al favolistico-horror King Kong, alla fantascienza sociologica di Blade Runner. Credo di avere visto, anni fa, il film di Lado, e i ricordi che ne ho me lo dipingono in effetti come un lungometraggio cupo, carico di tensione, iperviolento (dovrei rivederlo con la mente appositamente orientata a cogliere l'associazione/contrasto tra la dolcezza di musica e parole di Demis e la crudezza delle scene. Ad ogni modo film come quello, che pure si ispira all'americano L'ultima casa a sinistra, di Wes Craven, erano molto avanti come intuizione, tant'è vero che l'effetto straniante che i registi di film di genere riuscivano a creare, come in quel caso, con strani abbinamenti musiche-immagini, verrà apprezzato e riproposto molti anni dopo da registi pulp quali Tarantino o Rodriguez). Per quanto riguarda King Kong, qui, collateralmente, entra in gioco la mia altra (una delle mie altre) grande passione musicale, quella per Barry White e la sua Love Unlimited Orchestra: suddetta orchestra eseguì la colonna sonora di King Kong (non so se in toto o parzialmente), e la musica di Maybe someday è un adattamento del pezzo strumentale della L.O.U. (a onor del vero ignoro se Barry White abbia agito anche in questa soundtrack, anche solo come produttore, perché se è vero che il buon Barry era il fondatore, l'inventore e il Maestro della Love Unlimited Orchestra, esistono anche lavori e interi album scritti e prodotti autonomamente dall'Orchestra, che infatti dalla fine degli anni 70 si discostò da White). In altre parole: che io sappia, Maybe someday è il punto di maggior contatto (anche se molto indiretto) tra i due giganti (per mole e per capacità vocali) degli anni 70: Barry White e Demis Roussos!... , il buon Kong va a completare il terzetto!".

6.11.2011) Intervento in una discussione sul brano del duo Aznavour-Demis "Que c'est triste Venice": "Venezia è... (anche) la mia città, per me è SOLTANTO mia eheheheh :P mi piace pensarla in questo modo! D'accordo, non avrò 100 anni, non sarò un maturo signore che ha valanghe di ricordi, ma comunque potrei iniziare a parlare ora di Venezia senza smettere mai... Dire ciò che questa città significa per me è impossibile, tuttavia, perché è connaturata a ciò che sono, a ciò che penso, a una grandissima parte di me stesso, insomma. Sono d'accordo sia con chi trova questa città malinconica e per certi versi triste, sia con chi vede solo il lato romantico e dolce di essa, perché potremmo ridurre le mille sfumature di Venezia a questi due grandi poli che le danno vita e in qualche modo la mantengono in equilibrio: la decadenza lentissima ma inevitabile, data la veneranda età della città stessa e le aggressioni delle acque, del tempo, dell'inquinamento, dell'uomo, da un lato, e dall'altro la bellezza riscontrabile in ciò che è indiscutibilmente meraviglioso, poetico, romantico (chiese, palazzi, mosaici, tramonti sulle guglie e sui pinnacoli). Venezia è una non-città, è una specie di fotografia di un mondo che non era stato concepito per noi uomini del Duemila, ma che tuttavia esiste e resiste. Questa canzone di Aznavour, magnifica sia in francese che in italiano, splendida in questa versione a duetto Demis-Charles, è ormai entrata nella storia e nell'immaginario collettivo (tra l'altro è un fatto certo l'amore di Aznavour per Venezia - come di tantissimi altri artisti del resto - , negli anni Settanta - lo so da aneddoti che mi sono stati raccontati da parenti - non era raro vederlo passeggiare per la città, in vari periodi dell'anno)".

14.11.2011) "...a parer mio è palmare una certa affinità di ritmo tra Echoes of Jerusalem e Let it happen cantata da Demis, e una leggera vicinanza ritmica, anche, di Take your time e When I'm a kid di Demis, e accostiamo anche (come a ragione hai fatto tu) Long train running (che peraltro è un pezzo che ho sempre trovato di una carica esplosiva, meraviglioso!) a Echoes (sebbene Long train... mi paia un brano più veloce)... . Chalkitis è indubbiamente un grande musicista e compositore, e i brani di superba fattura, creati da lui e Vlavianos per Demis, stanno lì a dimostrarlo. E' divertente il fatto che andando a memoria 'acustica,' il desiderio di ritrovare certi brani di musica internazionale ti portasse, a tua insaputa, sempre nella galassia di Demis & affini: evidentemente il tuo gusto si era plasmato attorno a certe sonorità e a un certo stile compositivo, e Chalkitis era l'anello che teneva insieme tutto ciò! Un autore, sia esso compositore o paroliere, o entrambe le cose, per sé, o per altri, per quanto innovativo sia e per quanto a ogni album o a ogni pezzo tenti strade completamente nuove, alla fine si porta addosso un sostrato stilistico che, secondo me, magari in misura maggiore in certi brani, minore in altri, non abbandona mai, ed è quello che contribuisce a creare appunto il suo stile: mi piace qui toccare nuovamente il discorso di Barry White che, nelle sue molte produzioni, anche per chi fosse all'oscuro, eventualmente, che ci fosse sempre la sua mano dietro, era riconoscibile abbastanza bene, mettiamo che uno non sapesse che il trio delle Love Unlimited fosse 'opera' sua, ugualmente nell'uso massiccio di archi, nel basso invadente, nell'impiego dei cori avrebbe identificato non solamente una generica impronta disco, ma il marchio di 'casa White' :) Per quanto concerne poi Costandinos e Leo Leandros, il primo lo avevo invero già notato nei credits di diversi brani, il secondo forse non tanto (probabilmente perché sono meno in familiarità con il repertorio tedesco di Demis), però trovo significativo che questi greci nel mondo (fossero nati nella madrepatria o nella 'colonia' egiziana) avessero comunque un modo di concepire la musica e di lavorare che li poneva in forte sintonia, probabilmente profondissime radici culturali (e dunque anche musicali) erano il background che li accomunava, un po' come, se vogliamo, accade nelle nostre 'scuole' cantautoriali degli anni 60-70: la pseudoscuola genovese (Tenco, Paoli, De André, ecc.), la pseudoscuola bolognese (Dalla, Mingardi, Ron, ecc.), la pseudoscuola romana (Venditti, Gaetano, De Gregori...), o come negli Stati Uniti la fratellanza musicale e compositiva del gruppo Motown a Detroit, poi altri cosiddetti 'sound' blues-disco della 'scuola' di Philadelphia, quella di Miami, e il discorso potrebbe probabilmente continuare".

28.11.2011) "...Lo scioglimento degli A.C., sul quale già qualche mese fa abbiamo provato a delineare alcune ipotetiche motivazioni, credo sia stato in effetti dovuto a tutta una serie di ragioni che vedevano principalmente nel desiderio di libertà creativa ed espressiva di Vangelis il punto focale. Sono anch'io ragionevolmente propenso a pensare che se ci fosse stata la svolta prog-rock decisa e consapevole, oggi gli A.C. verrebbero annoverati tra le pietre miliari del genere, insieme ai Genesis, o ai nostri PFM, Banco, Orme, ecc. Probabilmente realizzando brani o album meno pop e meno melodici, e puntando su uno stile del tipo di quello adottato in 666, avrebbero perso parte del pubblico tradizionalista, ma avrebbero messo radici profonde in quel settore di utenti musicali, i giovani, che, allora come oggi, sono quelli che comprano i dischi e che, tutto sommato, determinano i grandi numeri dell'industria discografica, a livello economico. Il che, in genere, consente di fare altri album e di proseguire la carriera con una certa 'autonomia'. Ma la storia è andata diversamente. Poco male, perché il magnifico Demis che tutti amiamo si è imposto, ritengo, all'immaginario collettivo anche e soprattutto perché da solista ha avuto modo di costruire il personaggio ed esaltare al massimo la sua voce (con risultati ovviamente non sempre eccelsi, ma questo è umano!). Circa la sua mancata consacrazione negli Stati Uniti, un aspetto della sua carriera su cui Demis puntava evidentemente molto, ci sarebbero molte analisi da fare: con semplicità, credo di poter sostenere che il pubblico americano accetta di buon grado musica di matrice appunto statunitense (blues, country, ecc.) soltanto se prodotta, suonata, eseguita da musicisti e cantanti americani, o comunque anglofoni, quasi ci fosse una autarchia, una difesa delle proprie origini (nonché per una particolare attenzione che il pubblico yankee dedica alla pronuncia della lingua anglo-americana). Ed ecco perché Demis non si impose all'attenzione nordamericana, probabilmente perché proponeva in chiave mediterranea-ellenica brani tipicamente di stampo americano come 'Let it happen' o 'Margarita', certamente cantati egregiamente, e forse con una pronuncia non inappuntabile secondo l'orecchio del pubblico a stelle e strisce. Viceversa una via per sfondare in Usa poteva essere proporre, senza concedere nulla a compromessi, la propria 'merce': così forse un Demis maggiormente e decisamente ellenico o arabeggiante forse avrebbe avuto maggior fortuna, benché pochi siano i generi stranieri che vengono ben recepiti negli Usa, come ad esempio l'opera e il canto lirico italiano (motivo per cui Bocelli è quasi venerato in quelle terre). Direi che una piccola eccezione a tutto questo discorso potrebbe essere Zucchero che maneggiando un genere prettamente americano come il blues (con qualche escursione nel soul) gode di fama internazionale e anche statunitense, indubbiamente per le grandi doti musicali dell'artista, ma anche per le numerose collaborazioni 'anglofone' avute negli anni (da Joe Cocker a Randy Jackson, da Sting a Miles Davis). Tutto ciò detto, la mia idea è che essere affermati in Usa non sia garanzia automaticamente di valore musicale, anzi, a volte può diventare un titolo di merito! In questo senso, oltre a Demis che non ebbe successo in Usa, citerei quel piccolo, 'insignificante' musicista e cantante che risponde al nome di Lucio Battisti :)" ...Anche i Beatles non sfondarono pienamente negli Stati Uniti. Invece altri gruppi britannici come i Rolling Stones, o i Led Zeppelin, ebbero maggiori conferme anche oltreoceano... Per quanto riguarda la possibile continuazione di carriera degli A.C.... io penso che gli anni 70 siano stati caratterizzati, per i gruppi, soprattutto dal progressive (Genesis), dal glam-rock (Queen) e soprattutto dall'hard rock (Led Zeppelin, Deep Purple, Who...) dunque presumo che la naturale evoluzione sarebbe stata, data anche l'impostazione di 666, verso il prog. e poi verso, eventualmente, l'hard rock. Ma chiaramente sono tutte ipotesi che mai potranno essere verificate o smentite...".

6.12.2011) "Caro Franco, eccomi... a dirti come ho recepito il nuovo appuntamento con il tuo racconto a puntate. Mi è piaciuto il modo in cui hai riportato l'intervista di Demis, e il suo contenuto: nel 1971 era un artista che cercava di trovare la sua strada da solista, penso che anche per lui (come forse, in misura minore, per Vangelis) quello fosse il momento del salto nel buio, a dispetto di quanto il venticinquenne Demis andava dichiarando in altre interviste, in cui si proclamava perfettamente consapevole della via da seguire per affermarsi e per niente pentito dello scioglimento degli A.C. Io credo che, in realtà, Demis non avesse in cuor suo la garanzia di sfondare anche senza il gruppo, pur essendo a giusta ragione detentore consapevole di un dono (la sua voce) senza eguali e di radici etniche molto particolari che, se da un lato potevano garantirgli un certo mercato musicale sgombro dalla concorrenza, dall'altro potevano isolarlo in un genere troppo settoriale. Il discorso del folk declinato in una veste pop e veicolato dal passpartout costituito dalla lingua inglese, si rivelò in effetti vincente, per Demis, anche se bisogna dire che poi il suo tragitto si rivolgerà maggiormente verso il pop puro e la matrice bizantina orientaleggiante andrà via via affievolendosi, quanto meno nelle esecuzioni (e parlo sempre del Demis degli anni 70), ma forse anzi sicuramente gli è sempre rimasta nel cuore e nella mente. Curioso, poi, che Demis conoscesse i canti calabresi della Sila, il che mi fa pensare a un suo sincero interesse per la musica popolare e folcloristica mediterranea: al suo ragionamento io mi permetterei di aggiungere quella che, sotto altre forme e con differenti esiti, è una tradizione folk italiana di primaria importanza, vale a dire la musica napoletana, anch'essa, peraltro, intrisa di ritmi e melodie mediterranee, e verso la quale la canzone italiana, da quella melodica a quella cantautoriale, è debitrice, tutto sommato. Questa è una mia opinione, e forse Demis non la condividerebbe, ma la canzone italiana, la cosiddetta musica leggera, nascono dalla musica napoletana di inizio Novecento, il che non andrebbe mai dimenticato per rendere merito al sud di avere aperto una strada determinante per la cultura musicale (e non solo) di questo paese."

12.12.2011) "Franco, stavolta hai voluto proprio assestare un colpo basso: la disarmante sincerità e poesia con cui hai narrato i tuoi appuntamenti d'amore (consentimi di chiamarli così ;) ) con l'ascolto di un 45 giri o con la visione di una trasmissione tv, penso abbiano toccato le corde più profonde di tutti noi. In un certo senso mi sono ritrovato anch'io nel tuo racconto, perché ho fatto a tempo a vivere l'ultimo periodo dei giradischi portatili arancioni, che suonavano solo ed esclusivamente 45 giri, certo in casa avevamo un discreto giradischi per lp, 45 e 78 giri, curiosamente di colore arancio anche quello, ma a me bambino ne era precluso l'utilizzo, e così mi divertivo con il piccolo aggeggio mangiadischi dotato di maniglia per il trasporto! Tanto per gettare una manciata di divertimento sulla liricità del tuo racconto, dirò che ho scoperto due lati a me ignoti del tuo carattere: 1) il fatto che sei stato tra i primi pirati musicali, con le tue masterizzazioni fai da te ante litteram :) Ma non un pirata qualsiasi, un pirata romantico piuttosto, dato il tuo scrupolo nel decorare con immagini ricercate e con un gusto grafico ricercato le copertine delle tue musicassette autoprodotte ;) 2) Il tuo aspetto di rockettaro satanico ahahahahah, dì la verità, facevi girare We shall dance al contrario per svelare messaggi nascosti arcani e probabilmente peccaminosi :) Scherzi a parte, questa volta nel mio commento ho lasciato da parte le annotazioni di critica musicale, diciamo così, per privilegiare, appunto, la sottolineatura del mondo che hai descritto, che mi fa pensare a come voi ragazzi e adolescenti di quell'epoca effettivamente viveste (non dico tutti, ma almeno alcuni di voi) di sogni, di creatività, di sentimenti ancora puri, cose che, per quel che si constata nella maggior parte dei casi oggi, sono irrimediabilmente sparite nei giovani uomini e nelle giovani donne di 15,16,17 anni...".

21.12.2011) "... L'antefatto, l'avvicinamento progressivo all'lp iniziato con l'ascolto di 'Forever and ever' a casa del tuo amico e la prima registrazione su nastro è, come nelle altre occasioni in cui hai aperto questa porta su particolari così personali della tua vita di adolescente amante della musica, molto gustoso. Divertente e, mi piace pensare, stampata ancora nella memoria di qualcuno che, come te, abitava in quella stessa via, la narrazione di te che come un mantra mandavi nel cielo infuocato di Vibo le note amplificate dell'lp in un loop infinito! Ci stava perfettamente: un messaggio non di fede, non un invito alla preghiera, ma un'esplosione di amore e musica per lo più rasserenante e ancora dai sapori mistici (cosa che si perderà via via negli album successivi di Demis) da assorbire e raccogliere con tutti i sensi! Io di quell'album amo in particolare Goodbye my love goodbye, che preferisco alla stessa Forever and ever, e Rebecca: questo brano mi ha sempre ricordato il Demis rock degli A.C., con quei suoni moderni ed elettrici davvero ben impastati con la voce ancora meravigliosa, ancora struggente che inseriva quella nota triste/malinconica in un disco complessivamente ottimistico e solare, mediterraneo come correttamente hai scritto, disco nel quale Demis iniziava a disegnare, attraverso la sua voce e le canzoni che eseguiva, una Grecia più 'cartolinesca' che 'etnica' ma non per questo meno apprezzabile. In tal senso 'Lovely sunny days' sembra quasi un manifesto pubblicitario che invita a visitare la terra ellenica! (mi sovviene il ricordo di una donna che presumo fosse una manager musicale del tempo, che raccontava, nel ricordare i maestosi concerti londinesi di Demis del periodo d'oro, come lui incarnasse perfettamente il sole, la vita piacevole delle vacanze, la quieta gioia delle spiagge greche: immagini a dire il vero alquanto stereotipate, ma probabilmente così veniva effettivamente percepito e vissuto Demis in quegli anni specialmente dai fans e dalle fans di età matura). Dunque cosa dire? Un Demis molto pop, nell'album che tu hai preso in esame questa volta, caro Franco, un Demis da conoscere assolutamente per chi voglia capire cosa cantava il grande greco nel pieno degli anni Settanta, un Demis che, penso, in quel lontano 1973 incontrava perfettamente i gusti di chi cercava quel tipo di musica e non opere sperimentali, insomma un Demis 'classico'. Allora come oggi".

27.12.2011) "Caro Franco, il dubbio che presumi possa nascere in noi, leggendo di te adolescente che con sacralità custodivi i dischi di Demis e degli A.C., su un tuo eccessivo attaccamento 'fisico' alla materialità dell'oggetto, quasi un approccio feticistico, non mi ha mai sfiorato, te lo dico sinceramente, perché so che, al contrario, il tuo non è e non è mai stato vuoto collezionismo, ma al contrario un collezionismo che definirei idealistico, spirituale, che, certamente, si concretizza nella forma del vinile o di altro, ma solo perché gli oggetti di cui ci circondiamo sono specchio di tutto quanto di immateriale sta in noi, nella nostra anima, nei nostri sogni. Come non capire il tuo associare, dunque, quasi a un'immaginaria landa dello spirito la cui capitale era Demis tutte quelle regioni emozionali fatte di suoni, di persone, di momenti, di sentimenti, di vita, in una parola?! Ecco, ti immagino mentre plasmi le note della tua chitarra, negli anni Settanta, quasi a trasformarle in parole, per emulare così, idealmente, la voce di Demis... quante chitarre 'parlanti', anzi, 'cantanti' nella storia della musica, mi viene in mente Santana... o anche, cambiando strumento, la 'voce' suadente e loquacissima del sax di Papetti.... sì, caro Franco, ti metto su quel piano!".

9.1.2012) "...queste considerazioni mi sgorgano dalla mente, dopo la lettura del numero 21, caro Franco: la partenza, o meglio, il boom vero e proprio degli A.C. nel 1968 con 'Rain and tears', una canzone sostanzialmente pop per quanto originalissima (anche solo per aver puntato su un adattamento moderno di arie provenienti addirittura da secoli passati), dunque catalogabile come melodica, non appiccicò per sempre (come in altre situazioni, con altri artisti, talvolta accade) l'etichetta di mera musica leggera addosso ai simpatici ragazzotti greci, probabilmente le progressive (nomen-omen :) ) aperture verso il rock sperimentale e i semi creativi sparsi sapientemente qua e là prevalentemente dal genio di Vangelis, semi poi germogliati definitivamente in quel punto massimo della brevissima epopea del gruppo, costituito dall'album 666, diedero in modo sacrosanto la patente di band psichedelica agli Aphrodite's. Provando a trasferire questo discorso anche alle altre arti, come la pittura o la letteratura, più volte mi è capitato di chiedermi quanto giusto fosse incanalare, incasellare un artista, un autore in una gabbia (che tale spesso è) troppo stretta per poter tentare anche solo minimamente di descriverne il pensiero, la 'scuola', l'appartenenza: temo di sapere la risposta, e cioè che questo sia il male minore, lo scotto inevitabile da pagare per conoscere con un minimo di logica e di ordine i lavori e la forma mentis di questo o quell'artista. Per spiegarmi meglio: Leopardi viene studiato come un poeta romantico, protoromantico, fine-illuministico, insomma la sua traiettoria viene disegnata, nelle analisi dei critici, facendo prevalere della sua figura questo o quel periodo, questo o quell'elemento, e in base a ciò si tende a fagocitare il resto della sua produzione riassumendola in un'unica etichetta. E per tornare alla musica, a quella del XX secolo naturalmente, come considerare i Beatles: un gruppo beat? I padri, forse i nonni della psichedelia? I progenitori dell'hard rock? O, perché no, gli inventori di un certo tipo di musica etnica (vedere le loro esperienze in India) di largo consumo, su mercato mondiale? Con Demis solista, poi, ci potremmo scatenare in analisi di questo tipo: in Francia, per come 'bucò' lo schermo televisivo negli anni 70, è sempre ricordato come un cantante di genere Variété, in Italia forse nella memoria di molti è impresso come la voce di We shall dance, e dunque come interprete melodico post-hippy, in Usa e Australia quei pochi che forse ne conservano memoria lo assoceranno a un tentativo (forse mal riuscito dal loro punto di vista) europeo e mediterraneo di cantante folk-country. In buona sostanza: a chi credere? Non sarebbe forse meglio ascoltare la musica certamente con un po' di competenza, che non guasta mai, ma soprattutto con il cuore, consapevoli che le catalogazioni lasciano il tempo che trovano?".

26.8.2013) (A proposito dell'album "Souvenirs" del 1975): “… Grande album, con un Demis assai eclettico. Ritengo che tra i cantanti che stavano, a metà anni settanta, consolidandosi nella categoria dei “melodici” (pur se Demis partiva da premesse folk-beat-rock), Demis sia stato uno dei primi (ovviamente ben instradato da Vangelis e gli altri che avranno senz'altro avuto un fiuto non comune) a lanciarsi (benché con episodi sporadici) nel nascente movimento disco-music, con pezzi come Action Lady e Midnight is the time... Personalmente mi piace parecchio la disco music pura, quella con ancora gli strumenti suonati (e non campionati o fatti al sintetizzatore), quella strumentale alla maniera della Love Unlimited, con archi invadenti e trionfanti! E metto anche Demis in questa prima fase, aggiungendo che nel caso di Demis e di Barry White il contrasto tra tipi di voce melodici (non saprei spiegarmi meglio...) e ritmi incalzanti e “a cascata” mi fa impazzire: uno di quei matrimoni imprevedibili che però funzionano (non ci fu poi un grande seguito nel coté disco di Demis, mentre Barry ci si calò dentro così bene divenendone addirittura un archetipo, un “inventore” per alcuni)”.

5.10.2013) A proposito di una trasmissione greca della fine degli anni ’60 con Lucas Sideras e Demis Roussos ospiti: “…una testimonianza anche storicamente importante. Tre brevi considerazioni: 1) per fare una buona televisione, non occorrono evidentemente risorse economiche enormi, la 'modesta' tv greca di fine-anni sessanta con pochissimi effetti 'speciali', qualche filtro sulla telecamera (presumo), qualche filmato mischiato all'esibizione degli A.C. e l'atmosfera, seppure ingenuamente, è creata e funziona; 2) si sente fortissima l'influenza dei Beatles, in alcuni passaggi dei pezzi degli A.C., me ne rendo conto sempre più ad ogni ri-ascolto; 3) la voce di Demis, specie in I WANT TO LIVE, raccoglie in sé secoli di storia e di reciproche influenze di civiltà, un qualcosa di inesprimibile a parole, un prodigio che si compie ad ogni ascolto, ed ogni volta me ne stupisco…”. A proposito della interpretazione del brano “Mister Thomas” in cui Demis si esprime oltre che con la voce anche con teatrale gesticolazione: “…una capacità interpretativa scherzosa ma convincente: come ben sappiamo, Demis e la recitazione sono due strade che si sono spesso avvicinate, correndo parallelamente, a volte quasi incrociate (anche senza il quasi)".


Ultimo aggiornamento: 6.10.2013

Ricerche ed elaborazione discografia: Franco N. Lo Schiavo - Italia